DIRETTORE SPORTIVO – IN BILICO TRA ACCORDI COLLETTIVI E LAVORO ORDINARIO
Oggigiorno sentiamo sempre più spesso parlare del Direttore Sportivo quale figura centrale di ogni società calcistica, indipendentemente che quest’ultima militi in un campionato di Serie A, B o in Lega Pro.
MA CHI E’ IL DIRETTORE SPORTIVO E PERCHE’ E’ COSI’ IMPORTANTE?
Stante quanto disposto dall’art. 1 del Regolamento dell’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi, il Direttore Sportivo è “la persona fisica, che […] svolge per conto delle Società Sportive professionistiche, attività concernenti l’assetto organizzativo e/o amministrativo della Società, con particolare riferimento alla gestione dei rapporti fra società e calciatori o tecnici e la conduzione di trattative con altre Società Sportive, aventi ad oggetto il trasferimento di calciatori, la stipulazione delle cessioni dei contratti e il tesseramento dei tecnici, secondo le norme dettate dall’ordinamento della F.I.G.C.”.
Al fine di poter svolgere predetta attività, il Direttore Sportivo non solo deve essere iscritto presso l’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi, bensì deve necessariamente avere sottoscritto idoneo contratto con la Società calcistica e averlo regolarmente depositato presso la Lega di competenza.
A fronte di tale deposito il Direttore Sportivo potrà prestare la propria attività a favore della Società di appartenenza.
Ma cosa succede nel caso in cui il rapporto tra le parti si interrompe, ad es. in caso di esonero del Direttore Sportivo?
In questo caso occorre fare una netta distinzione tra Direttori Sportivi tesserati per una società affiliata alla Lega Nazionale Professionisti Serie B, ovvero alla Lega Italiana Calcio Professionistico, e i Direttori Sportivi tesserati per una società affiliata alla Lega Nazionale Professionisti Serie A.
Questo in quanto, nel primo caso tra Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), la Lega di appartenenza del Direttore Sportivo e i Direttori Sportivi (per il tramite dell’A.Di.Se., ossia l’Associazione Italiana Direttori Sportivi), è stato sottoscritto un accordo collettivo volto a disciplinare e regolare i rapporti tra Direttore Sportivo e Società.
Mentre, nel secondo caso tale accordo manca in quanto non raggiunto.
Ma andiamo con ordine.
Nel caso in cui il Direttore Sportivo sia esonerato da una Società affiliata alla L.N.P.B., la Società è chiamata a tutelare il Direttore Sportivo, garantendogli il pagamento tanto della parte fissa quanto della parte variabile a quest’ultimo spettante.
In particolare, la Società deve provvedere al pagamento della parte fissa della retribuzione spettante al Direttore Sportivo secondo i tempi e i modi previsti dal contratto e fino all’assunzione, da parte del Tesserato, di un nuovo incarico professionale a tempo pieno ovvero di un nuovo tesseramento (in Italia o all’estero), in ogni caso non oltre la naturale scadenza del contratto medesimo.
Parimenti, sempre la Società è tenuta anche al pagamento della parte variabile e contingente della retribuzione maturata al termine della stagione sportiva in cui è avvenuto il licenziamento, ovvero l’inadempimento, che ha portato alla risoluzione/esonero dall’incarico, il tutto proporzionalmente al periodo durante il quale il rapporto ha avuto esecuzione.
Al di fuori di detto obbligo la Società null’altro deve al tesserato, al quale non spetta ulteriore risarcimento, nessuna indennità o tutela possibilmente conseguenti al licenziamento/risoluzione del contratto per inadempimento della Società o esonero dall’incarico disposto da quest’ultima.
Completamente differente, invece, è la situazione nel caso in cui il Direttore Sportivo sia tesserato per una Società affiliata alla Lega di Serie A, poiché, come anzidetto, non sussistendo alcun accordo collettivo tra le parti interessate, il Direttore Sportivo dovrà necessariamente essere considerato quale lavoratore subordinato a tutti gli effetti.
Pertanto, in qualità di dipendente, in caso di licenziamento/esonero, il Direttore Sportivo matura il diritto a ricevere dal datore di lavoro tutta una serie di somme che vengono complessivamente definite “spettanze di fine rapporto”.
Tali somme sono:
- Retribuzione del mese in cui cessa il rapporto e le eventuali retribuzioni arretrate: e così, ad esempio, se il rapporto di lavoro dovesse cessare il giorno 15 marzo 2019 il dipendente ha diritto a percepire lo stipendio relativo ai 15 giorni di marzo lavorati. Parimenti, lo stesso lavoratore ha altresì diritto, se pendenti, ad ottenere eventuali stipendi o parte di stipendi relativi ai mesi precedenti non ancora pagati;
- Trattamento di fine rapporto – TFR (art. 2120 c.c.): si tratta di una somma che il datore di lavoro deve accantonare per ogni anno di servizio del dipendente. L’accantonamento, generalmente, è pari alla retribuzione complessiva di quell’anno diviso 13,5 e aumenta nel tempo in quanto rivalutata secondo i parametri di legge. Quando cessa il rapporto, quindi, questa somma accantonata deve essere pagata al dipendente. Ovviamente, nell’anno in cui cessa il rapporto, dovranno essere riconosciuti al dipendente tanti ratei di TFR quanti sono i mesi lavorati.
In aggiunta a tali somme, infine, la Società, ovvero il datore di lavoro, ha la possibilità di pagare al lavoratore – nel caso specifico al Direttore Sportivo – il c.d. incentivo all’esodo, ossia una somma ulteriore che il datore di lavoro può pagare al dipendente in aggiunta delle spettanze di fine rapporto dovute per legge o per contratto.
COME VIENE TASSATO L’INCENTIVO ALL’ESODO?
Le norme nazionali equiparano l’incentivo all’esodo al trattamento di fine rapporto tanto sotto il profilo fiscale quanto sotto il profilo contributivo.
Ciò significa che, sotto il profilo contributivo, su detta somma né il lavoratore né il datore di lavoro devono pagare i contributi all’Inps.
Sotto il profilo fiscale, invece, l’incentivo all’esodo, anziché essere somma assoggettata all’IRPEF ordinariamente calcolata, viene sottoposta ad una tassazione separata (art. 17, comma 1, lett. a) TUIR).
In sostanza, mentre l’IRPEF viene calcolata sulla somma di tutti i redditi percepiti a qualsiasi titolo nell’anno, nel caso di redditi sottoposti a tassazione separata, questi vengono lasciati fuori da questa somma.
La tassazione separata comporta, pertanto, una riduzione di tasse per il dipendente in quanto l’incentivo all’esodo, così come il TFR, viene tassato in base all’aliquota media di tassazione relativa ai cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto a percepire la somma e non in base all’aliquota dell’anno in cui viene percepito.
Altra differenza rilevante è l’organo competente a decidere circa la validità del licenziamento/esonero del Direttore Sportivo.
In particolare, va da sé che, trattandosi di rapporto di lavoro “ordinario” al fine di definire la controversia sorta tra la Società e il Direttore Sportivo, le parti non potranno rivolgersi al Collegio Arbitrale così come istituito dall’accordo collettivo tra F.I.G.C. / L.N.P.B. e A.Di.Se., bensì dovranno seguire l’iter ordinario previsto dall’ordinamento italiano.
La Società – militante nel Campionato di Serie A – e il Direttore Sportivo che intendono risolvere una controversia di lavoro insorta fra tra le medesime parti, quindi, potranno facoltativamente esperire il tentativo di conciliazione in sede sindacale ovvero ricorrere alla Commissione di conciliazione in seno alla Direzione Territoriale del Lavoro.
Secondo l’articolo 410 c.p.c., infatti, chiunque voglia far valere un diritto inerente ai rapporti di diritto privato di cui all’articolo 409 c.p.c. può preventivamente esperire il tentativo di conciliazione innanzi alla Commissione di Conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro o in sede sindacale.
In tale ottica, secondo l’articolo 412-ter c.p.c. la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui l’articolo 409, possono essere svolte altresì presso le sedi e con le modalità previste dai Contratti Collettivi sottoscritti dalle Associazioni Sindacali maggiormente rappresentative.
Raggiunto l’accordo, il verbale di conciliazione sottoscritto dal Datore di lavoro, dal Lavoratore, e dai Rappresentanti sindacali muniti del potere di firma viene depositato a cura di una delle parti o per il tramite dell’associazione sindacale, presso la Direzione Territoriale del lavoro che ne accerta la veridicità e ne cura il deposito presso la cancelleria del Tribunale competente.
Verbale che, unitamente all’accordo raggiunto tra le parti, seppur non rilevate ai fini della validità dello stesso dovrà essere depositato anche presso i competenti Uffici della Lega Nazionale Professionisti di Serie A.