I DIRITTI D’IMMAGINE DELLO SPORTIVO

Da oggi, 1 luglio, la sessione estiva di calciomercato è ufficialmente iniziata, ciò vuol dire che le società italiane potranno depositare e ratificare i contratti dei nuovi acquisti presso la Lega Serie A.
Nel corso delle trattative, però, la società acquirente non solo deve trovare un accordo con la società proprietaria del cartellino del giocatore, bensì deve raggiungere un’intesa anche con l’atleta e spesso può capitare che a decidere le sorti della trattativa sia proprio stabilire chi debba gestire i diritti d’immagine del calciatore stesso.

I DIRITTI D’IMMAGINE

Che cosa si intende quando parliamo di diritto d’immagine?

Il diritto d’immagine è un diritto personale e come tale, stante quanto disposto dalla legge italiana, il ritratto di una persona non può essere commercializzato e/o riprodotto, senza il consenso dell’interessato, ossia di colui che ne è ritratto. Questo, però, è vero solo in parte, in quanto esistono delle eccezioni che, stante lo status della persona ritratta, rendono quest’ultima privata del diritto di cui sopra. È il caso dei personaggi famosi (un attore, uno sportivo, un politico) ossia dei quelle persone che, per ragioni diverse, sono conosciute a livello nazionale, in questi casi, se la diffusione dell’immagine è volta a soddisfare un’esigenza di pubblica informazione il divieto di uso non autorizzato viene meno restando valido solo in concomitanza ad altri fattori: lesione dell’onore, della reputazione ovvero del decoro della persona ritratta.

IL VALORE ECONOMICO DELL’IMMAGINE

Trattandosi di un diritto personale, però, nulla vieta al titolare di trarre un eventuale profitto “monetizzando” la propria immagine.

A tal fine, grazie alla sottoscrizione di un contratto di sponsorizzazione, un soggetto, detto sponsorizzato, si obbliga a consentire ad altri l’uso della propria immagine e del proprio nome, per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marcato, dietro corrispettivo.

È proprio tale monetizzazione che assume rilievo nella fase di trattazione tra società-calciatore, diventando, in alcuni casi, anche la chiave di volta dell’accordo.

In particolare, grazie alla legge n. 91 del 1981, al calciatore“è riconosciuta la facoltà di utilizzare in qualsiasi forma lecita e decorosa la propria immagine anche a scopo diretto o indiretto di lucro, purché non associata a nomi, colori, maglie, simboli o contrassegni della società di appartenenza o di altre società di Lega Nazionale o di Lega Nazionale Serie C, e purché non in occasione di attività calcistica ufficiale”.

Per l’effetto, quindi, al calciatore viene data la possibilità di sfruttare liberamente la propria immagine, associando così il proprio volto ad un numero infinito di prodotti di ogni genere, con la sola eccezione, però, per tutti quei prodotti che richiamano i segni distintivi legati alla società di appartenenza e per cui tale associazione è possibile solo previo consenso della medesima società.

E SE LA SOCIETA’ VOLESSE GESTIRE DIRETTAMENTE IL DIRITTO D’IMMAGINE DEL CALCIATORE?

Se è vero che, in linea generale, anche con la sottoscrizione di un contratto di prestazione sportiva è il calciatore che rimane titolare del proprio diritto d’immagine, è altrettanto vero che la società, in fase di contrattazione, può stabilire con il giocatore stesso di riservarsi tale diritto, diventando la sola a gestire l’immagine dell’atleta.

In tal caso si parla di c.d. licenza “naked”, poiché l’atleta cede alla società tutti i diritti di sfruttamento della propria immagine, tanto sportiva quanto personale, a fronte di un ingaggio annuale di gran lunga superiore rispetto a quello proposto in caso contrario.

Squadra regina di questa filosofia è la SSC Napoli, la quale, come più volte espresso dal presidente, predilige ottenere e gestire i diritti d’immagine dei propri calciatori piuttosto che lasciarli in mano a questi ultimi.

IL DIRITTO D’IMMAGINE SOTTO ALTRE FORME

A questo punto, però, sorge spontaneo porsi una domanda: i diritti d’immagine possono essere “commercializzati” anche attraverso strumenti diversi dall’immagine stessa? Per es. tramite l’esultanza del giocatore?

La risposta a questa domanda non può che essere affermativa.

Sul punto la giurisprudenza è infatti chiara nel ritenere che si debba parlare di diritto d’immagine, non solo con riferimento alle rappresentazioni visive, bensì a tutto quell’insieme di connotati e/o qualificazioni riconducibili ad un certo individuo.

L’esultanza, ad esempio, per molti atleti è un vero e proprio marchio distintivo.

È sufficiente fare un breve elenco di nomi che subito la nostra mente immagina quel giocatore mentre corre sotto la curva esultando in quella determinata maniera.

Dici Dybala e pensi alla Dybala-mask, dici Alessandro Del Piero e subito vedi la linguaccia, dici Francesco Totti e lo immagini con il pollice in bocca.

Diversi giocatori, militanti in campionati esteri, sul punto hanno persino pensato di registrate come marchio la propria esultanza, sfruttando così la propria immagine.

Gareth Bale fu uno dei primi, nel 2013, a registrare nel Regno Unito il logo della propria esultanza (un cuore formato dalle dita delle sue mani con al centro il numero 11).

Strada intrapresa anche da Jesse Lingard che, nel 2018, registrò la propria esultanza come marchio.

Parimenti, però, potrebbe accadere che sia lo sponsor, previo accordo con l’atleta, a decide di sfruttare le gesta e/o l’esultanza dello sportivo al fine di realizzare una linea specifica da poter poi lanciare sul mercato.

Caso emblematico è sicuramente quello di Nike che, nel 1984, lanciò una linea di calzature interamente dedicate ad uno sportivo il cui simbolo era proprio la tipica schiacciata a canestro fatta dall’atleta stesso.

Inutile dire che l’atleta in questione è Michael Jordan.